Zevi e l’Ottocento: l’ostinata resistenza del pensiero critico

Gerardo Doti

Abstract


Nella prima edizione di Saper vedere l’architettura (1948), Bruno Zevi stigmatizza l’Ottocento con un giudizio che non lascia adito a dubbi: “un’epoca – scrive – di mediocrità inventiva e di sterilità poetica”, un periodo – quello vissuto all’insegna dell’eclettismo e dei numerosi revivals – “in cui il più fradicio romanticismo letterario va a nozze con la scienza archeologica”, un secolo, insomma, di “riflusso creativo”. Giudizi lapidari che tuttavia non impediscono all’autore sia di riconoscere qualità e doti artistiche in diversi architetti attivi in Italia e in Europa nel corso del secolo sia di narrare l’architettura del periodo (Eredità dell’Ottocento) in modo diretto e avvincente attraverso la rubrica tenuta su «L’Architettura. Cronache e storia». Lo sguardo di Zevi sull’Ottocento, in altre parole, spazia ben oltre le strettoie apparenti di una critica dichiaratamente militante. La lettura delle multiformi espressioni e immagini di un secolo che fa da incubatore dell’architettura moderna, si distingue per originalità sia di impostazione sia di esiti critici rispetto alle pietre miliari della storiografia pevsneriana, da Pioneers of Modern Design del 1936 fino a The sources of modern architecture, del 1968. Ciò è evidente nel ruolo e nel significato che lo storico associa alle teorie e alle trasformazioni urbane ottocentesche, alla dimensione paesaggistica di molte architetture dell’eclettismo e, non ultimo, alla produzione Arts and Crafts, il cui apporto determinante nel processo di riforma dello spazio dell’abitare avrebbe favorito la nascita stessa di un nuovo linguaggio architettonico. Il contributo si propone di indagare questi temi, attraverso un confronto tra la storiografia zeviana del periodo compreso tra la ricostruzione postbellica e i profondi cambiamenti degli anni Sessanta del Novecento, quando ‘storie’ diverse hanno segnato un nuovo punto di partenza nella storiografia dell’architettura.


Parole chiave


Bruno Zevi; Ottocento; Storia della storiografia

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DOI: https://doi.org/10.14633/AHR138

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