L’eredità dell’architettura fascista, tra ideologia e conservazione. Il caso dell’ex Casa del Fascio e dell’Ospitalità di Predappio

Micaela Antonucci, Leila Signorelli

Abstract


La Casa del Fascio e dell’Ospitalità di Predappio rappresenta un caso esemplare di una tipologia edilizia che, più di altre, ha materializzato la “propaganda architettonica” del Partito Nazionale Fascista in Italia tra le due guerre. Il progetto del forlivese Arnaldo Fuzzi (1891-1974) doveva costituire il manifesto del progresso tecnologico e della modernità del regime – ma, al contrario, diverrà la flagrante espressione dell’impreparazione e dell’incapacità di gestione dell’apparato fascista. Il suo destino nel dopoguerra è stato segnato dall’abbandono e dal declino: in primo luogo per il fatto di essere una delle architetture più simbolicamente emblematiche del Fascismo, ma anche per l’incapacità di trovare una nuova destinazione d’uso adeguata, divenendo così un “monumento morto”.

Nel 2010 il riconoscimento come “bene di interesse culturale” ha dato un nuovo impulso alla conservazione di questa architettura, come documento di una “difficile” eredità del passato recente.

Il presente contributo intreccia ricerca storica, esigenze di tutela e metodologia operativa, illustrando il processo che ha accompagnato la definizione del progetto di restauro e rifunzionalizzazione (2019-2020) dell’ex Casa del Fascio e dell’Ospitalità.

Le scelte di intervento si sono indirizzate verso la ricerca di un equilibrio tra la conservazione degli elementi identitari dell’edificio, anche quelli di più difficile ri-lettura, e il necessario adeguamento alle esigenze attuali, adottando un approccio che non può che essere multidisciplinare e coordinato.


Parole chiave


Case del Fascio; Conservazione; Architettura e Propaganda; Architettura fascista; Restauro del moderno

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DOI: https://doi.org/10.14633/AHR316

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  ISSN 2384-8898

    

 

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