Viollet-le-Duc e la scoperta delle origini dell’architettura gotica

Francesco Tomaselli

Abstract


Il viaggio in Italia che il giovane Viollet-le-Duc intraprende nel 1836 ha lo scopo di surrogare gli studi artistici che ha interrotto a Parigi in contrasto con l’esclusivo orientamento classicista dell’Académie des Beaux-arts, e completare la sua formazione di architetto.

Le ricerche sul mondo classico e principalmente sulle espressioni artistiche del Rinascimento sono soddisfatte in tante città della Penisola, dove esegue rilievi accompagnati da relazioni e originali deduzioni.

La Sicilia riserva oltre all’incontro con l’architettura dorica, che comunque desta un rilevante seppur distratto interesse, la possibilità di poter studiare le forme arcaiche dello stile gotico.

Seguendo le intuizioni di Séroux d’Agincourt, Hittorf e Zant, Viollet-le-Duc ritiene di aver ritrovato in alcune architetture medievali di Palermo, come i palazzi della Zisa e della Cuba, gli archetipi dell’architettura ogivale, quell’architettura che diventerà il principale interesse della sua vita professionale e intellettuale. Architettura che la corrente romantica di alcuni studiosi francesi, che tra gli altri annovera lo stesso suo zio Delécluze, Mérimée insieme ad Hugo e Chateaubriand, hanno intrapreso ad analizzare e difendere contro il dilagare delle demolizioni.

Il saggio tenta di ricostruire, attraverso le testimonianze dei protagonisti, questo cruciale momento degli studi della storia dell’architettura che precedono la lunga stagione del restauro di ripristino secondo i canoni del “carattere” e dello stile dei monumenti del Medioevo.

 


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